mercoledì 22 ottobre 2008

Panikkar, Raimon, L’altro come esperienza di rivelazione.

L’altrapagina, 2006, pp. 79, ISBN 978-88-87530-25-4.

Recensione di: Vittorio Russo - 22/10/2008

Filosofia delle religioni - Dialogo interculturale

L’altro come esperienza di rivelazione è un opuscolo piccolo, ma prezioso, che conserva, tra le sue pagine, le parole sagge di un’intervista di Achille Rossi a Raimon Panikkar sul dialogo interreligioso. Un semplice dibattito che finisce per diventare un insegnamento di vita.
“Sono partito come cristiano, mi sono scoperto indù, sono ritornato come buddhista senza aver cessato mai di essere cristiano” (p. 32). Un’espressione significativa, l’incipit adatto per poter comprendere l’idea portante di questo libro, intrinseca al titolo stesso: il principio di alterità, intendendo con questa formula un' analisi, uno studio continuo dell’altro, dell’“altera pars” che è in ognuno di noi.
La conoscenza dell’altro è possibile attraverso il dialogo e, secondo quanto asserisce Panikkar, attraverso un dialogo che smetta di essere interreligioso e cominci ad essere dialogale. Questo perché il dialogo dialogale - lungi dall'essere un confronto sterile tra due discorsi fondato sul principio di non contraddizione - è un dialogo che arriva al cuore dopo che tutti gli interlocutori hanno relativizzato le proprie credenze e abbattuto le proprie mura interiori.
Si tratta di un dialogo che crea contatto tra persone sprofondando nei meandri riposti della loro interiorità e per questo trascendendo la regione della razionalità. È un dialogo che Panikkar ha altamente a cuore e che ama definire con l’espressione “l’incontro degli occhi”: "Se gli occhi non si parlano, se non si dicono quello che non si può dire, non può cominciare un dialogo" (p. 44).
Il dialogo dialogale possiede come principio filosofico fondamentale quello di non ridurre all’unità tutte le differenze esistenti, sia perché il pluralismo è intrinseco alla verità sia perché, secondo Panikkar, non esistono universali culturali, il monoculturalismo è asfissiante e, in ultima istanza, non esiste il monomorfismo.
Questa, secondo il teologo ispano-indiano, è una lezione da impartire soprattutto agli occidentali che si mostrano oltremodo presuntuosi nel non voler ammettere che ogni cultura è un mondo a sé stante con le opportune sue diversità. Da qui la critica negativa di Panikkar all'immagine del “villaggio globale” e al suo fautore Mc Luhan che non hanno fatto altro che accrescere il rischio di ridurre tutto a un comune denominatore e dipingere gli occidentali come provinciali inconsapevoli di esserlo.
È importante sottolineare che nell’aprirsi all’altro, e quindi a una cultura differente, è implicata anche la religione, intesa come “espressione del senso della vita”. La religione, per Panikkar, è strettamente legata alla cultura così come questa è inscindibile dalla prima: "Come la religione dà alla cultura il contenuto ultimo intellettuale, la cultura dà alle religioni il suo linguaggio e si parla di un linguaggio diverso a seconda della religione" (p. 37).
Ed è proprio la religione a svolgere un ruolo dominante in questo opuscolo dal quale traspare quel surreale clima che si originò ad Assisi nel 1986 (e che tutt'oggi perdura in alcuni dei suoi esponenti, come mostra questa intervista a Panikkar del 2006) con l’incontro tra i rappresentanti tutti delle religioni mondiali. Un evento storico in cui l’osmosi tra le diverse religioni fu palpabile al punto da indurre a credere che, forse, è questa l’unica soluzione per perpetuare la pace e porre rimedio alle guerre e al terrorismo.
Relazione e dialogo tra diverse culture e religioni non sono più da considerare come una possibile idea di salvezza dell’umanità, ma “devono” essere valutati come necessari alla sopravvivenza della società mondiale e essenziali per evitare uno scontro carnefice tra le civiltà. In ciò è possibile comprendere il senso e l’essenza ultima del già citato “principio di alterità” in grado di definire anche la posizione del cristianesimo rispetto a tutte le altre religioni esistenti.
Alla domanda di Rossi riguardo cosa può ottenere la religione cristiana dell’occidente con le religioni d’oriente, il nostro teologo fornisce una risposta lapidaria e decisa: “Tutto”.
Questo deriva dal fatto che per Panikkar nessuna religione, presa singolarmente, è autosufficiente; è perciò indispensabile e vitale apprendere dall’altro ciò di cui si è carenti: "I cristiani da soli marciscono, i musulmani ripiegano su stessi…" (p. 50).
Una globale conoscenza dell’altro per potersi dire tale richiede un dialogo che arrivi al cuore degli interlocutori, e ancora una fondamentale predisposizione all’ascolto che permette di entrare in dialogo con persone di fede dissimile e di provare a interpretare il mondo secondo il loro metro.
L’ascolto, però, segue a una prima fase distruttiva di credenze “individualistiche” che consiste nello spogliare la mente di qualsivoglia forma di giudizi e preconcetti. È naturale che nel fare questo debbano essere superati il “fanatismo” e l’“egoismo” che altrimenti comprometterebbero ogni tipo di confronto con l’altro e la possibilità di imparare e di apprendere da questo. In questo è racchiuso il senso del titolo del libro.
La formula “altro come esperienza di rivelazione” è adoperata da Panikkar per dire che ogni uomo, ogni cultura così come ogni religione è fonte inesauribile di sapere e che, in ogni caso, “ se parlano con il cuore” essi palesano a me qualcosa che non conosco. Per tale ragione si parla di “rivelazione” e per tale ragione va assolutamente evitata ogni sfumatura, anche la più piccola e la più trasparente, di presunzione e fanatismo.
Traspare dalle pagine quanto impegnativa sia la tematica affrontata e sviscerata senza riserve da Rossi e Panikkar che, senza mai smarrire la sua immagine di uomo saggio, riesce ad utilizzare toni differenti per qualsiasi risposta.
Diversi i punti in cui è con sottile, se non tagliente ironia che il teologo esplicita il suo punto di vista riguardo l’argomento analizzato. E si tratta di un argomento che, per forza di cose, finisce col portare chiunque si appresti alla lettura dell’opuscolo a un’amara riflessione circa la diffidenza che si prova nell’allacciare un’interazione con l’altro; con un soggetto appartenente a una cultura differente.
Una riflessione che, però, non rimane fine a se stessa perché è degno di plauso lo sforzo di Panikkar nell’illustrare una possibile soluzione a questo problema. Soluzione che egli vede, come fin qui spiegato, nel dialogo dialogale.
Ancora sono da considerare illuminanti le parole, intrise di speranza, che il teologo spende per impartire l’inestimabile insegnamento di vita contenuto nel libro cercando, nonostante la brevità dello scritto, di non lasciare nulla in sospeso o di incompreso. In conclusione, questo è un libro che merita di essere letto perché anch’esso è, per dirla alla maniera panikkariana, un’esperienza di rivelazione.

Indice

Prefazione
L’Umbria e lo spirito d’Assisi
di Damiano Stufara
Un artista del dialogo
di Achille Rossi
L’altro come esperienza di rivelazione
Intervista di Achille Rossi a Raimon Panikkar
Un grande maestro del nostro tempo
di Raffaele Luise


L'autore

Raimon Panikkar, nato nel 1918 da padre indiano e madre catalana e cattolica e laureato in chimica, filosofia e teologia, è oggi esimio professore della University of California. È uno scrittore e teologo stimato, conosciuto in tutto il mondo per le sue conferenze e scritti. Tra le opere più note rammentiamo: Il dialogo intrareligioso, L’esperienza della vita, L’esperienza di Dio, Il silenzio del Buddha, Il problema dell’altro. Oggi vive a Tavertet, in Catalogna.

Links

www.gianfrancobertagni.it/autori/raimonpanikkar.htm (sito contenente un’ampia raccolta di materiale su Raimon Panikkar)

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