mercoledì 11 novembre 2015

Agamben, Giorgio, Gusto

Macerata, Quodlibet, 2015, pp. 63, euro 10, ISBN 978-88-7462-722-6

Recensione di Diego D’Angelo – 29/05/2015

L'editore Quodlibet ripubblica ad oltre trentacinque anni di distanza uno dei primi saggi di Giorgio Agamben, la voce “Gusto” originariamente uscita per “L'enciclopedia Einaudi” nel 1979. Si tratta di uno scritto breve – nell'edizione originale una trentina di pagine – e d'occasione, che per la nuova pubblicazione non ha subito modifiche ma viene riproposto nella sua veste originale. Ciò non toglie che il testo risulti interessante per almeno due ordini di motivi: da un lato, infatti, esso mostra in nuce quei temi che verranno ripresi e

sviluppati nella produzione più recente; dall'altro il testo si fa leggere con profitto anche al di là di una ricostruzione storica immanente del pensiero di Agamben come un saggio profondo sul concetto di gusto, dal quale si prendono poi in realtà le mosse per tentare un'operazione decostruttiva più ampia del pensiero occidentale.
Soffermiamoci dapprima su questo secondo aspetto. “Gusto” non fornisce un quadro un po' manieristico della storia di un concetto, come è spesso il caso nelle voci enciclopediche, ma – com'era appunto l'intento dell'“Enciclopedia Einaudi”, che forse guardava più alle “voci d'autore” dell'Enciclopedia Britannica – ricostruisce la storia di un concetto a partire da una prospettiva ermeneutica precisa. Agamben si accosta dunque ai testi della tradizione soprattutto per mettere in evidenza il carattere “bastardo” del termine in questione: rimosso dall'ambito della conoscenza, del sapere scientifico in senso stretto, il concetto di gusto si rifà ad un ambito a questi contrapposto, quello del bello e dell'estetica. Se è soprattutto nel Settecento che, con le considerazioni sul “non so che” come momento fondamentale del godimento estetico, la contrapposizione tra conoscenza e gusto si fa più marcata, non è difficile accettare la proposta dell'autore di ricondurne la tensione filosofica fino a Platone. Qui infatti la bellezza non è del tutto avulsa da qualsiasi pretesa conoscitiva, ma – in quanto ciò che c'è di più apparente, Ekphanestaton – essa è anche l'origine della mania amorosa “e del processo conoscitivo che essa pone in essere” (pp.   14-15). La caratteristica fondamentale del rapporto estetico col bello non è dunque la pura contrapposizione con il sapere, ma piuttosto il fatto che di questo sapere non è possibile fornire ragioni (logon didonai). L'ambito del “fornire ragioni” è però l'ambito della scienza, del sapere “che sa” (sofia), così che l'ambito del bello può solo tendere ad esso (filo-sofia). La tensione allora tra sapere e bellezza è propriamente tra un “sapere che non sa, ma gode” e un “piacere che conosce” (p.   22).
Da ciò deriva lo statuto ambiguo del gusto nella riflessione estetica moderna e premoderna, da Campanella a Montesquieu, dove “il gusto appare come un senso soprannumerario, che non può trovare posto nella partizione metafisica fra sensibile e intellegibile, ma il cui eccesso definisce lo statuto particolare della conoscenza umana” (p.   27). Su questa eccedenza, su questo “scarto tra l'oggetto e la nostra conoscenza” (p.   29) si concentra il proseguo del saggio che approda con Diderot alla portata propriamente semiotica del concetto di gusto: l'oggetto del giudizio di gusto ha un “carattere significante, indipendentemente da qualunque significato concreto” (p.   31). In quanto sapere di un puro significante, diventa impossibile renderne ragione, ma lo si può rendere giudizio e dunque conoscenza (p.   32-33). Con una lettura forse un po' forzata delle prime pagine della “Critica del giudizio”, Agamben ritrova “la concezione del bello come significante eccedente e del gusto come sapere/piacere di questo significante”. La lettura kantiana è però insufficiente perché il portato semiotico del bello è da Kant decisamente dotato di un significato preciso (di una semantica precisa), in quanto esso è simbolo del bene morale. Coglie invece nel segno la considerazione sulla pura negatività del gusto in quanto sempre definito attraverso una negazione, un “senza” (“ohne”) su cui aveva messo il dito anche Jacques Derrida l'anno precedente (“La vérité en peinture”, del 1978), da cui le considerazioni di Agamben sembrano influenzate direttamente, sebbene in mancanza di riferimenti diretti.
L'ultima parte del saggio, pur non separata da un confronto diretto con la storia del pensiero, appare quella più impostata verso un discorso teoretico, ed è proprio qui che si rispecchia più direttamente il ruolo che questo saggio gioca nello sviluppo del pensiero di Agamben. Tornando dunque a quella prima possibile chiave di lettura cui facevamo riferimento all'inizio, cioè restando all'interno dell'evoluzione del pensiero di Agamben, abbiamo qui al centro dell'analisi sul concetto di gusto un soggetto del sapere che è però un sapere che non sa: il gusto sa un sapere “mancante o eccessivo […] la cui mancanza o il cui eccesso definiscono però in modo essenziale lo statuto della scienza […] e lo statuto del piacere” (p.   41). La scienza infatti in quanto sapere che sa (sofia) e può dare ragioni si contrappone al sapere che può solo essere desiderato (filo-sofia): proprio questo desiderio di sapere è divinazione, per Platone (p.   42). Ciò diventa particolarmente chiaro, secondo Agamben, nella distinzione tra astronomia e astrologia: mentre la prima è una scienza che descrive (e così “salva”) i fenomeni, la divinazione è un sapere che non sa e prende il fenomeno come segno per scavalcarlo e muoversi in direzione di un'eccedenza di senso.
È quindi soprattutto con Lévi-Strauss che la questione assume tutto il suo spessore teoretico: il concetto di gusto diviene la porta verso le domanda “chi sa?”. L'operazione di Agamben è da leggersi come un tentativo, per l'appunto propriamente strutturalistico, di estendere le considerazioni di Lévi-Strauss a tutto lo statuto del sapere nella cultura occidentale, dal mondo antico a oggi (p. 47). Così diventa possibile rintracciare lo statuto della divinazione (cioè, nell'esempio, dell'astrologia), anche in una serie di discipline propriamente moderne, tra cui soprattutto la stessa estetica settecentesca (p.   49), la filologia ottocentesca col suo circolo ermeneutico di tipo divinatorio (p. 50), detto con un'espressione che vuol anche provocare; una considerazione simile vale anche per la psicoanalisi (p. 52) con un sapere inconscio (cioè non saputo) che si esprime in simboli. Da ultimo è però l'economia politica ad avere per oggetto un piacere che non si gode (p. 51), cioè il puro valore di scambio (p. 52). Così come Simmel aveva definito il denaro un significante senza contenuto, nell'economia la merce rinvia al di là di sé in un'eccedenza mai colmata, dando così adito ad un intreccio indissolubile tra homo aestheticus e homo oeconomicus. Si tratta qui però solo di un legame abbozzato, che troverà maggiori sviluppi nelle teorie sul biopotere e il sapere di “homo sacer”, di cui questo piccolo saggio costituisce comunque un interessante preludio.


Indice

I. Scienza e piacere
II. Verità e bellezza
III. Un sapere che gode e un piacere che conosce
IV. La conoscenza eccedente
V. Al di là del soggetto del piacere
Riferimenti bibliografici

7 commenti:

MAURO PASTORE ha detto...

Era (ed in parte resta tuttoggi) abitudine di ambienti vicini o avvicinati ad un cattolicesimo, ufficiale per forme, ufficioso nei fatti, proposto o propinato, quella di sostituire al Dio ovvero Assoluto Misterioso ed a relativo schema di attribuzioni divine, secondo stile intellettuale medioevale, in "elencatio" cioè, il piacere quale astrazione generale e relative categorie di riferimenti linguistici culturali...

e ciò lo facevano per compiacere il clero pur non aderendo a suo credo oppure per sfuggire dalle insidie di suoi ambienti fanatici ed iperpresenti.
Ma v'era la analoga, inversa abitudine della intolleranza atea, dei poteri ugualmente fanatici del comunismo ateo dominato dagli interessi antioccidentali del marxismo; secondo tal inversione era la teologia a doversi uniformare ai piaceri comunicativi e sociali, per credo edonista; e tal confronto a volte era intrinsecamente di fanatici tra fanatici, con assenti sia illuminismo filosofico che tradizione cattolica... o era di subdola inquisizione contro libertà di tempi ed espressioni... o distrazione oppressiva contro il pensare a mistero della vita e della eternità.
Piacendo tal contrasto ai fanatici, essi ne trasferirono a generalità sociali ed a varietà confessionali usando vari stratagemmi — tra cui persino lo sfruttamento del terrorismo delle "armi" atomiche insinuato in Guerra Fredda ove si contrapponeva anche dominio di economia laica e predominio di economie non solo laiche; sol altro riuscendo a starne fuori ovvero una contrapposizione culturale-politica, qualora non fosse catalizzata da scontro di antipolitica e politica; ...e quest'ultimo era preludio di attuale, schierato in disimpegno meridionalista-mondialista contro impegno in Settentrione del Mondo e Globalità.
Poi che il cattolicesimo di massa degenerato in cattolicismo antiidentitario per simpatie più subculturali che culturali di animismi, specialmente africani che pur accogliendo monoteismo oltre che politeismo sono religiosità teiste cioè imprecisabilità panteista e indeterminatezza panenteistica solo vanamente omologhe a medievale "elecatio" teologica, esiston dunque moduli pseudoculturali, "già pronti per l'uso", ad imitazione di filologia illuminista basata su individuazione di termine generale e identificazione di termini particolari del piacere; nella fattispecie non tra 'il piacere' ed 'il gusto', divergenza linguistica non filologica attuata da antiedonismo antioccidentale...

entro cui si dibatte pensiero di autore di lavoro recensito, entro cui si dibatteva già pensare di medesimo autore e cui recensione illustra, recensore già illustrava, con necessario scetticismo ma senza consapevolezza di premesse culturali né nozione esatta di intromissioni subculturali sottese a premesse medesime.
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MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

...

Difatti sia autore che recensore fanno riferimento di rapporti tra astrologia ed astronomia, di certo autore per ricerca non in tutto suo valore notata da recensore, ma entrambi senza avvedersi di farne anche premessa di vaste congerie di pensieri altrimenti insignificanti!

Non significa nulla entro culture non subculture menzionare il gusto come piacere a se stante senza dar àmbito logico del tutto appropriato a piacere del gusto; e così potendosi anche notare del gusto del piacere, però questa ultima unione secondaria naturalmente rispetto alla prima del piacere del gusto.
Di sicuro in merito a critica d'arte la secondaria unione è necessaria ma se assolutizzata conduce non a valutazioni di critiche ma ad adesioni non filosoficamente motivate; e in fatto di "arte contemporanea ovvero senz'opera“ tal aderire diventa formulazione dogmatica che priva l'arte di funzione conoscitiva cosmica...

Altro, il rovescio, era il problema conoscitivo della vera Atene ai tempi di Socrate, Platone, Aristotele nei confronti di fenomeno artistico; dove era diffusa esclusività di utilizzo di opere ma troppo spesso ne erano banditi usi soggettivi, per ingenuità sensoriali. Platone non voleva dar potere a queste ingenuità perché ne riteneva pericolose alcune conseguenze contro stesso viver non solo comune.
Diversa ancora condizione secoli dopo notata da Plotino in Egitto romano-ellenista ed a Roma ed in alcuna Italia già in alcunché romanica. Plotino, neoplatonico, notava fenomeno civile più che ingenuo ovvero dimentico: di altrui autoconfinazioni in impressioni date da arte senza averne sentimentalità corrispondente.
Questa ultima condizione si evolse in altra contemporanea: non solo di asentimentalità ma pure di insensibilità a percezioni stesse di arte! Ne constatava Nicola Abbagnano e diversamente Sestov, ma anche e soprattutto psicologia filosofica junghiana e filosofie psicologiche postjunghiane.

Parimenti si constata che senza chiuder diverbi di metafisici ed antimetafisici non si può affrontar problemi odierni, cui filosofia ovviamente vitalmente in sua parte votata:
né di estetica né di filologia né di cultura e culture del piacere;
e per iniziare a valutare i problemi d'ordine filosofico su eventi ed accadimenti relativi bisogna inquadrare intellettualmente l'Assoluto di spiritualità indi religioni e non viceversa ma: senza accoglier premesse immotivate.

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MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Rapporti tra astrologia ed astronomia, cui autore e recensore fanno riferimento senza avvedersi di farne anche premessa, sono evidenti in inclusione di menzione spuria di scienza;
datoché la astronomia non è solo una eventuale applicazione pratica della applicazione teorica scientifica particolare dicibile astrofisica: infatti può esser pure un pensiero specializzato senza paradigmi scientifici di riferimento;
ma non tale era la vera astronomia tolemaica antica: non più universalmente nota in ex impero romano durante Medio Evo e avendone vero retaggio culturale solo minima parte di cattolicesimo postmedievale e moderno, quindi eredità rifiutata in cattolicismo contemporaneo, senza che interezza di cultura scientifica occidentale sapesse conservare sistema tolemaico originale accanto ad autentico sistema copernicano...
e senza che terzo sistema fosse con pari intellettuale chiarezza accluso o non accluso:
Questo ultimo era detto e potrebbe esser detto galileiano bensì in riferimento alle osservazione astronomiche di Galileo Galilei su analogie di traiettorie, di comete o masse astrali quali asteroidi, geocentriche eliocentriche e distinte da entrambe.
Si trattava di studiare non traiettorie ma tipo di parabole, secondo mentalità scientifica già avviata da astronoma e scienziata (e filosofa) antica Ipazia, che aveva anche progettato e realizzato: aggeggio visivo per osservazioni astronomiche decentrate, da mare.
Di fatto secoli e secoli dopo, allorché teoria fisica-dinamica di Indeterminazione e relativo Modello Generale Comparato, era quel sistema astronomico, definibile in certo senso
' t a l a s s o c e n t r i c o' ,
assai utile e necessario per rilevazioni fondamentali sulle microparticelle dette bosoni;
dopodiché ne seguiva, più recentemente, astrofisica compiuta su:
| galassie |,
di cui si notava: ciclicità di fisici - astrofisici 'elemento e complesso ed ambiente' anche di stessi osservatori scientifici — ovvero si descriveva scientificamente dinamica della cosiddetta Via Lattea, nostra galassia del nostro Sistema Solare — e dunque potendosi iniziare teoria astronomica scientifica dei: cicli astrali.

...Codesto recentissimo successo era quel che scientismo antiveritativamente ma pure antitecnologicamente negava con ostinazione disonesta ed anche con prepotenza, linguistica ed agnostica, ai danni di culture e linguaggi autentici, sia di ateismo che di teismo, sia specificamente di monoteismi che politeismi, sia di panteismo e soprattutto ai danni di molteplici affermazioni di panenteismo (... pan-en-teismo..., pan-en(-)teismo...) , le quali sono ìnsite in stesso affermare originario, oltre che originale, di monoteismo...
Ma, per avviare recentissima astrofisica — cosa accaduta in Giappone e di cui notizia io trovai datane alla meno peggio da agenzia di informazioni Ansa — dunque non si trattava, né per studiarne si tratta, di negare culturalità di categorie contenute in Opera di I. Kant ed in lavori filosofici kantiani ed in attività intellettuale di kantismo.

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MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

...Era, alcuni anni addietro tanto disastrosa di fatto la omissione ed emarginazione culturale cui in Italia sottoposte kantiane Critica della ragion pratica e Critica del giudizio, che stesso discorso filosofico ne era minacciato e reso in ambienti decisivi quasi impossibile a causa di terminologie alternative non sostitutive e fatte assurgere da antipolitica a premesse linguistiche poi elargite a superiorità di nuovi o pure vecchi sofismi; e per ovviare a tutto ciò si doveva filosofar dal nulla anche se già sapendo o viceversa iniziar da insaputi termini di pensiero con filosofia già in possesso o per diversi àmbiti entrambe le azioni differentemente compresenti...
Ma a sua volta tutto questo sforzo era di fatto usato o se ne minacciava di usare da parte di scientismi ed oscurantismi per distrarre da altri fatti: sradicamenti etnici-culturali contro grecità varie, non solo ellene o elleniche od elleniste, antiche e passate, nuove o non nuove, delitti attuati da fazioni, ovviamente non interessate ai propri poteri etnici ed in passato non in grado di partecipare ad opposizioni mondiali culturali di Guerra Fredda ma ostinatissimamente intromessene e pericolosamente per vita umana e non solo umana perché tali fazioni non volevano accettare e tentavano di occultare, in usi di energia atomica:

funzione ecologicamente sostenibile solo astrale, non terrestre né marina né oceanica, né per eserciti né per guerre, ma per sopravvivenza e relative lotte, difendendo ambienti terrestri da cadute disastrose di masse astrali.

Questo unico uso che sia anche utilizzo e che possa essere ecologico, di energia atomica tecnologicamente - tecnicamente e scientificamente praticamente non solo teoricamente supportabile, era incompreso da subculturalità legata ad uso non saggio od antifilosofico di pensiero astrologico, cui tentava di obbligarne astronomia sia scientifica che non.
...Ciò ultimo accadendo entro dissidio interno a filosofia culturale nonché politica ma esternamente da altri in essa cagionato, in ciò che geopoliticamente geograficamente studi sociologici hanno definito "Occidente Diviso".
...

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

... Uso non saggio od antifilosofico di pensiero astrologico, con obbligazioni contro astronomia sia scientifica che non scientifica, accadeva (ed in parte tuttoggi continua ad accadere) entro dissidio interno a filosofia culturale nonché politica ma esternamente da altri in essa cagionato, in ciò che geopoliticamente geograficamente studi sociologici hanno definito "Occidente Diviso"

— corrispondente anche al drammatico disporsi dei Blocchi contrapposti della Guerra Fredda che dividevano Europa Est da Ovest, tragicamente dopo che cosiddetto "Stalin" e stalinisti avevano chiuso frontiere dando brighe, litigi ed ancora brighe –
precedentemente e non solo socialmente corrispondente alla penuria di spostamenti e comunicazioni poi assenza, fino a peregrinazioni atlantiche gote quindi vichinghe e viaggi artici vichinghi in Canada quindi perlustrazioni atlantiche non solo settentronali gote anseatiche, poi anche portoghesi (su egide amalfitane) per ed in prossimità americane dette Sargassi quindi iberiche spagnole (con egide genovesi) fino ad istituzione di viaggi continui tra Europa ed America e viceversa –
in ulteriore non diretta precedenza corrispondente ad impraticabilità pressoché totale poi totale di canale oceanico di Bering tra Siberia ed Alaska cui (!) ...
solo ai tempi di Kant, kantiani, kantisti si iniziava a rimediare —

Entro cotale "Occidente Diviso" non era possibile considerare unitarietà di risultati con unitarietà di risultanze scientifiche entro universalità di metodologie filosofiche; e purtroppo, laddove possibile era non universalmente, antioccidentalismo senza vero scopo e senza odio costruttivo se ne opponeva tanto più disastrosamente quanto più inconsapevolmente (... inconsapevolezza a rigor di espressione anche psicologica essendo altro da inconscienza...), talora attraendo destini occidentali e motivando opposizioni interne ad Occidente stesso, in politica e cultura; e questo interno rifiuto non tradimento è quel che accadde contro teorie estetiche-filosofiche inconsapevolmente derivanti da premesse subculturali aliene da radici culturali greche ed a queste ostili e contrarie anche a germanesimi di sorta, paralleli o successivi ad eventi greci antichi di spiritualità, filosofie, scienze, tecniche... inerenti astronomia, astrologia, filologia... cultura e filosofia nonché socialità e... politiche.
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MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Di tutto quanto ho esposto in questa mia sequenza di messaggi, cui elementi propri collegati non in tutto duplicemente ma collegati, fornisco menzione particolare di caso odierno, circa comunicazioni di massa e ideologismi massificati che fanno da impedimento a necessarie comprensioni anche o non solo filosofiche o non filosofiche; caso non singolo, ripetuto non solo da schiere di comunicatori falsi opinionisti o falsi commentatori e fallaci diffusori di finte ovvietà fino a noie ed ossessioni, per misconoscenza di realtà tradizionale italiana europea, occidentale, ed occultazione di essa sotto affermazioni cattoliciste fino a subliminale ma non tanto occulto anticattolicesimo propinato per cultura "nostrana" ed invece esito anticulturale e, per idiozia di conseguenze, antipolitico:
protagonista tra innumerevoli, giornalista de "il Corriere Della Sera", in qualità di sorta di tribuno ma foriero di errori, lui autore di (ennesimo...) travisamento di calendario astrologico, non accolto per tale ma in sua espressione superculturale quindi fraintesa con calendarietà umanistica poi sostituita a stessa e non solo stessa astrologica in doppia confusione anticulturale e subculturalmente sottesa proprio ad espressività culturale, ovvero da omologazione di dati astronomici in parte scientifici a registri in parte culturali in altra parte eminentemente civili, astrologici... Disastrosità conseguente ad assommarsi anche di rifiuti di verbalità neutrale europea italiana per altra esclusiva mediterranea africaneggiante, anche in confronti più o meno impliciti di cultura e scienze antiche di: fisica statica (... Archimede), ottica, matematica...; il giornalista — implicitamente! — da obliazione di prerogativa naturale geocentrica non gravitazionale a sopravvalutazione eliocentrica commutando triade logica in falsa diade con esito di intolleranza anticristiana antiortodossa imita mentalità di premessa spirituale trinitaria ma senza intuirne, poiché sostituendo, a superiorità di premesse di spiritualità ovvero di interiori disposizioni anche (psicologicamente) transpersonali, inferiorità di assunzioni di esclusività (anche psicologica) coscienziale che risultano contro consapevolezza di corrispondenze espressive ad istintive evidenze, verbalmente più che intellettuale altrimenti troppo inibente naturale comprensività, lui da tribuno evidentemente tentando di occultare russofobie comunicative vaste in Italia Europa ed Occidente, di fatto con discorso scritto via-internet, a mo' di mezzo regalino (di fatto più inquietante che altro e rivelativo di suo non rispetto a mondo che tenta di evocare)... Fornisco link (dopo mio nome e cognome) dell'incauto ed inaccoglibile articolo del giornalista in questione.

MAURO PASTORE |


Questo il link dell'incauto ed inaccoglibile suddetto articolo del giornalista (Fabrizio Dragosei) :

https://www.corriere.it/opinioni/19_dicembre_06/russia-feste-133a52a0-1843-11ea-addc-85aa5b33ebd7.shtml?refresh_ce

MAURO PASTORE ha detto...

In mio primo messaggio della sequenza (non successione), secondo inserto in latino dopo "elencatio":
' "elecatio" ' sta per medesimo termine: ' "elencatio" ' .
Sono dispiaciuto per questo che potrebbe dirsi mezzo inconveniente; dico mezzo anche perché in tali casi ove incomprensibilità è implicito, previamente, possibile riferimento a primo termine comprensibile; tra l'altro io scrivendo pensavo a pronuncia bizantina o bizantineggiante, cui a dire il vero può corrispondere scrittura alternativa — Anzi in verità alla greca scrittura latina "elencatio" può esser ridotta così "elecatio" (... ele() catio... ) datoché in latino:
la "a" ed anche le altre vocali eran, sono di fatto corrispondenti a nostrane "ah" ed "eh" e a l'altre rispettive; e la consonante "c" a "hc" e se prima di vocale anche a "nc"... Probabilmente tutto ciò è ancora patrimonio grammaticale odierno ma di assai pochi e forse non parimenti restato patrimonio lessicologico comune neppure a pochi solo a singoli, dico cioè di quello che assevera necessità talora di scritture spontanee non omologhe...
Starebbe dunque al lettore compito di render mezzo inconveniente non inconveniente, anche in virtù di questa, regola di sintassi latina di ripetizioni di singoli termini:

primo termine da inserire in scrittura intera, seguenti no se ciò corrisponde ad un significato dello scritto.

Spero che i pedanti anche ne sappiano intendere e, chissà, che trovino in qualche libro menzione di questa regola...
Comunque in mio scritto varianza terminologica alfabetica corrispondente innanzitutto a mia mentalità (italiana greca, non straniera) inoltra, per non grammaticalmente irregolare omissione di "n", a considerazione di medesimo concetto però secondo concezione meno astratta (mancanza di 'n' quale espressione in meno di vuotità semantica).


Soddisfatto di questa mia... orgogliosa autoperorazione... non reinvio testo scritto anche con seconda 'n' espressa nonché invito eventuali eccessivi pedanti a moderare propri subitanei pensieri o se necessario a non evitare di rimediarvi proclamandosi, essi, ignoranti, invece che tacciare di ignoranza senza riguardo.


MAURO PASTORE