domenica 2 maggio 2010

Niro, Piero, Ludwig Wittgenstein e la musica. Osservazioni filosofiche e riflessioni estetiche sul linguaggio musicale negli scritti di Ludwig Wittgenstein.

Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2008, pp. 136, € 13,00, ISBN 9788849515541

Recensione di Ivo Silvestro - 02/05/2010

Estetica

I saggi sul pensiero di Wittgenstein si possono dividere in due categorie: i testi che cercano di analizzare il pensiero del filosofo viennese, affrontando quindi le difficoltà della sua peculiare scrittura filosofica ad aforismi, e quelli che, invece, utilizzano alcune delle sue osservazioni più o meno isolate per esporre quella che di fatto è una rielaborazione, se non addirittura una produzione originale, attribuendola surrettiziamente a Wittgenstein.
Uno dei pregi di questo breve saggio di Piero Niro è proprio quello di segnalare chiaramente quando viene esposto il pensiero di Wittgenstein e quando, invece, si utilizza il pensiero di Wittgenstein per condurre analisi proprie. Fatto, quest'ultimo, non scontato, soprattutto se si tiene conto che, per quanto sia facile imbattersi in esempi musicali all'interno della produzione filosofica wittgensteiniana, la musica non è quasi mai tema autonomo di riflessione – il che concede notevole libertà interpretativa.
Come mette efficacemente in luce Brian McGuinness nella Presentazione, la musica fu molto importante per la famiglia Wittgenstein e, quindi, anche per Ludwig. Qui basta ricordare che il fratello Paul era un accreditato pianista e menzionare la figura del 'compositore di famiglia' Josef Labor. I gusti musicali dei Wittgenstein erano classici e si situano in un ideale prosieguo dello spirito di Brahms, spirito tutto ottocentesco ed estraneo, se non ostile, alle sperimentazioni novecentesche. Un conservatorismo musicale che, per certi versi, stride con gli aspetti innovatori della riflessione filosofica di Ludwig Wittgenstein.
È quindi impensabile sovrapporre musica e filosofia, cercando un parallelismo tra i due aspetti che, in Wittgenstein, non c'è e non ci può essere. Si può invece tentare di avvicinare il pensiero di Wittgenstein a partire dalla musica e, viceversa, applicare alla musica il pensiero di Wittgenstein. È esattamente questa la struttura dei vari capitoli del lavoro di Piero Niro: in un primo momento si utilizza la musica per illustrare alcuni concetti della filosofia di Wittgenstein e, in un secondo momento, si utilizzano questi concetti filosofici per tentare di fare luce su alcuni aspetti dell'estetica e della poetica musicali.
L'assunto di base dell'analisi condotta in questo saggio è l'esistenza di varie pratiche, o giochi linguistici, che si svolgono nella musica, con la musica e sulla musica (p. 26); l'obiettivo di questo lavoro è appunto esplorare queste pratiche per metterne in luce il 'succo'.
Il primo capitolo dopo l'introduzione è dedicato alla notazione musicale, con particolare riferimento alla riflessione del cosiddetto primo Wittgenstein (e quindi al Tractatus logico-philosophicus e ai Quaderni).
Nel Tractatus vi sono alcuni riferimenti alla notazione musicale che sono, per usare un termine caro a Wittgenstein, molto perspicui. È a queste osservazioni che viene affidato il compito di illustrare la natura non esclusivamente visiva di quelle che vengono chiamate immagini, ampliandone la definizione che non è certo riducibile alla semplice somiglianza esteriore. Particolare attenzione viene dedicata alle proposizioni del gruppo 4.01, nelle quali gli esempi musicali delineano la logica della raffigurazione: a tenere insieme il pensiero musicale, la notazione musicale, il disco fonografico e le onde sonore è la struttura logica, l'esistenza di una regola generale che permette di passare da una rappresentazione all'altra – e questo indipendentemente dalla sostanziale differenza tra le regole che permettono al musicista di passare dallo spartito alla musica e le regole che determinano la riproduzione sonora di un giradischi (e Wittgenstein non conosceva ancora la musica digitale!). Tenere ferma l'attenzione su questa struttura logica comune alle varie rappresentazioni può forse essere utile per comprendere alcune prassi notazionali della musica contemporanea che si discostano non poco dal tradizionale pentagramma (p. 32).
Ancora più interessanti e utili sono alcune riflessioni dei Quaderni (14.2.1915 e 5.3.1915) nelle quali si afferma che i temi musicali sono proposizioni e la melodia è una specie di tautologia. La musica non ha significato, non esprime qualcosa al di là della musica stessa, come le emozioni: il linguaggio musicale è sintassi senza semantica, come la logica e, in ultima analisi, come ogni linguaggio (inteso nei termini del Tractatus).
Il capitolo successivo è dedicato alla questione delle riflessioni estetiche e la comprensione musicale. Il contesto, qui, è la filosofia del cosiddetto secondo Wittgenstein.
In proposito, è bene evidenziare che Niro, pur facendo riferimento alle differenze tra il Wittgenstein del Tractatus e quello delle Ricerche filosofiche, non insiste sulle discontinuità e anzi sottolinea gli elementi di continuità nel pensiero del filosofo viennese. Gli esempi musicali sono, del resto, uno degli aspetti che unisce primo e secondo Wittgenstein.
Ancora una volta, al centro dell'analisi vi è l'analogia tra linguaggio e musica: comprendere una melodia e comprendere una frase sono attività molto simili. Il significato di una frase o di una melodia è nel suo uso; posso affermare di avere compreso il significato di una frase o di una melodia quando sono in grado di 'usare' correttamente quella frase o quella melodia, quando non ho problemi con i giochi linguistici che riguardano quella frase o quella melodia. Una familiarità con una pratica che non necessariamente, anzi: quasi mai, si è in grado di esprimere a parole.
Il gioco della comprensione estetica della musica riguarda quindi l'abilità di eseguire o di ascoltare un brano in una certa maniera, isolando determinate frasi e descrivendole in maniera appropriata.
Niro si sofferma su due interessanti conseguenze di questa particolare visione della comprensione musicale come acquisizione di una pratica. Innanzitutto l'infondatezza delle spiegazioni psicologiche del piacere estetico: la comprensione musicale non è uno stato psicologico per il quale è possibile rintracciare meccanismi o moduli cerebrali, ragionare in questi termini vuol dire lasciarsi fuorviare da una fallacie analogia tra fenomeni fisici e fenomeni psichici.
In secondo luogo, Niro evidenzia come i giochi della comprensione musicale si inseriscano in giochi linguistici più generali. Per comprendere una melodia è necessario comprendere tutto un linguaggio musicale e, in ultima istanza, una cultura musicale. La musica non è un linguaggio universale, ma si inserisce all'interno di una forma di vita. In proposito Niro riporta il significativo aneddoto di un musicista albanese che, al primo ascolto della Sinfonia n. 9 di Beethoven, commentò, senza arroganza o incompetenza, che era bella ma troppo semplice: il suo orecchio orientale coglieva aspetti che noi occidentali non riusciamo a percepire e viceversa (p. 87).
Si è già detto che i gusti musicali di Wittgenstein non contemplano le avanguardie musicali del Novecento; la filosofia di Wittgenstein, invece, ha qualcosa da dire su questa esperienza musicale.
La musica dodecafonica di Arnold Schoenberg si basa sul presupposto che il linguaggio musicale non è naturale, ma è una tecnica, una prassi suscettibile di evoluzione. Le regole possono e devono cambiare perché sono una costruzione culturale e non un dato naturale: in questo la riflessione filosofica di Wittgenstein e la pratica musica di Schoenberg concordano. Non concordano, invece, su quello che Niro chiama il problema dei limiti del linguaggio. Le regole cambiano, ma non tutte insieme. La filosofia, secondo Wittgenstein, descrive il linguaggio, non lo fonda o lo spiega, lo lascia così come è. La riflessione delle avanguardie musicali, invece, ha come preciso scopo quello di modificare e ricostruire il linguaggio musicale.
Nell'ultimo capitolo Niro tenta di riassumere quanto visto finora tracciando sommariamente una estetica musicale wittgensteiniana.
Si tratta di una estetica decisamente non metafisica, attenta agli aspetti culturali e antropologici della variegata esperienza musicale. Una estetica che evita sia la ricerca di una astratta 'bellezza musicale' sia l'identificazione di cause psicologiche o fisiologiche, ma che si concentra sulle ragioni che, in un determinato gioco linguistico, hanno valore di giustificazione di un giudizio musicale. Una estetica che ha come scopo ricondurre questo giudizio musicale al duro terreno della vita.
Un approccio anti-essenzialista, grammaticale, descrittivo e antropologico con cui vagliare ed eventualmente criticare alcune tendenze teorico-musicali contemporanee che rischiano “di confondere l'uso effettivo del linguaggio con le istruzioni per l'uso” (p. 118).

Indice

Presentazione di Brian McGuinness
Introduzione
I riferimenti alla notazione musicale, al “linguaggio delle note” e al “pensiero musicale” presenti nel Tractatus logico-philosophicus e nei Quaderni 1914-1916
Osservazioni filosofiche e riflessioni estetiche sul linguaggio musicale negli scritti successivi al Tractatus logico-philosophicus
Il problema dei limiti del linguaggio e la crisi scaturita dalle ricerche delle avanguardie musicali nel Novecento
Annotazioni per un'estetica musicale wittgensteiniana
Osservazioni conclusive


L'autore

Piero Niro è compositore, pianista e studioso di estetica musicale. È titolare della cattedra di Composizione al Conservatorio di Musica di Campobasso dove insegna anche Filosofia dei linguaggi musicali. Ha collaborato all'attività didattica delle cattedre di Storia della filosofia moderna e Storia della filosofia contemporanea presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Ha pubblicato articoli e saggi di estetica musicale: Wittgenstein e l'avanguardia musicale (Napoli, 2001); La musica e l'arte nel XIX secolo (Firenze, 2001); Il contributo della musica ai movimenti di avanguardia (Firenze, 2008); Momenti della musica del XX secolo (Firenze, 2008).

9 commenti:

MAURO PASTORE ha detto...

— In forza di alta od altissima stimabilità di passate iniziative e eventi di Orchestra Sinfonica della RAI, organizzazione comunicativa statale italiana cui questo sito ove io offro miei commenti appartiene;
a causa di penuria (che troverete descritta più oltre in questo medesimo invio);
ed anche per altra necessità dipendente da gravi circostanze negative in cui sono stati versati ambienti culturali russofili e russi italiani e da anche tutt'altra necessità dipendente da altre e più negative circostanze in cui ê stato versato mio particolare ambiente di appartenenza e pertinenza culturale e civile... farò seguire a questo mio non semplice messaggio altri miei non semplici, cui complessità in verità non aumentano se da singole comprensioni seguite, anzi semmai diminuirebbero reciprocamente ma restando difficile intender tutto, il quale però è riferito ad altra altrui e purtroppo non utile complessità effettiva, di recensione, sola o ad opera recensita assieme (oppure direbbesi: insieme, soltanto qualora, quandanche possibile). —

Autore (P.) Niro offre valido pensiero ermeneutico di euristiche musicali del filosofo L. Wittgenstein cui recensore, non parimenti, offre resoconto soltanto ipotetico in quanto diacronico-progessivo-non-sincronico...
Con relativa immediatezza intellettuale, si può notare che intendimento recensorio non si basa su sintetica conclusione di autore ma principia da inizi di argomentazioni di autore; allora, per averne risultato oggettivo, recensore avrebbe dovuto procedere a non una sola recensione ma a tante di cui ciascune per ciascuna parte della pubblicazione;
ed invece adotta unità elencativa.
(...)

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Stessa soggettiva diacronicità cognitiva di recensione fornita da tal Ivo Silvestro...
è stato il modulo interpretativo unico di certo generico culturalismo musicale applicato alla specifica cultura musicale, da seguaci di niccianesimi (nietzschianesimi) e soprattutto dal marxismo universitariamente invalso, durante Guerra Fredda con intervento di imperialismo sovietico poi sovietista da cui restarono libere le accademie ed in principio avvantaggiate scuole ma poi svantaggiate università quindi anche scuole. Da una parte era insensato il tentativo, perché spurio, di seguaci di seguaci, e perché non democratico e debole politicamente, di istituire una sola cultura musicale rappresentativamente valida; cui d'altra parte politica popolare invalsa in comunismo italiano si opponeva e fino a  non reagire alle pretese sociali culturali da Blocco Est della guerra a Blocco Ovest in parte aggressivamente trasferite.
Di cultura musicale sovietica non russa furono perlopiù indirettamente diffuse in ambienti universitari nozioni particolari di storia della musica dipendenti da musicologie scolasticamente valide per la Unione Sovietica ed in Europa capaci di sopperire a vaste ignoranze popolari od a vuoti di cultura non popolare ma non senza rischi di emarginare altre musicologie ed altre relative valide nozioni. La diffusione accadendo per tramite di menzioni o tramite eventi di musica classica contemporanea russa, in realtà vigeva non per questa medesima ma per ricezioni culturali sovietiche non russe e ciò aveva o quasi certo o sicuro effetto di rendere impossibile russo-europea ed europea anche italiana ricezione attiva della musica classica contemporanea russa, per vasta parte di Europa unico non subculturale prodromo possibile, scolasticamente-accademicamente, a ricezione attiva di musica classica teutonica, dal Barocco (al Rococò) fino al Romanticismo.
Attualmente medesima limitazione è mantenuta o conservata, parzialmente, da ulteriore intervento, non straniero soltanto ovvero proprio alieno esteticamente-musicalmente perché etnicamente da Europeo divergente, africano autoctono non arabo né arabeggiante. Tale sostegno accade perché cultura è costretta da circostanze di violenza di massa in circostanze di attiguità a subculturalità non aliena ma aperta a ciò che resta incomprensibile a mentalità europea sia autoctona che non autoctona ((sia quest'ultima unicamente ad Europa votata quale cultura esquimese occidentale od atlantica od eschimese o non univocamente quale cultura euroasiatica prevalente)).

(...)

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

(...)
In marxismo, diacronismo interpretativo e soggettivo trovasi applicato a discorsi anche e specialmente rigorosi musicali, esso in cultura scientifica corrispondente a concentrazione su sole risultanze non dati stessi di fisica dinamica della gravità applicabili con matematica economica a sistemi sociali senza metodi sociologici;
manchevolezza cui certo indiretto 'niccianesimo' intendeva opporsi senza poterne e cui meridionalismo antieuropeo invece ne usa e diffonde e fa diffondere per distruttivo nichilismo e cui parti occidentali inconsapevoli dei fatti, anche europee ed italiane non avvedute o non autoctone, fanno ingenuamente riferimento. Peculiarità di direttamente od indirettamente ingannatoria imposizione è rifiuto culturale della scienza musicale acustica, che da adatta culturale compagine viene sostituita da inadatta fisica, spesso accompagnata da riduzione di fisiologia, scientisticamente, antiscientificamente spesso deformata in culturalismo (non cultura medica e condotto non di rado fino ad anticulturalismo non medico).

((...))

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

... Specificamente a varie parzialità cui avvia recensione, riferisco seguenti notazioni:

La fantasmagoria della riproduzione musicale classica richiede previa appercezione e percezione mediata da intuizione aggiunta, cioè dal restare concentrati sulla espressività di messaggio intendendone la modalità; ciò nelle riproduzioni più raffinate può esser assai spontaneo od univocamente spontaneo.
La musica ha di proprio un linguaggio musicale che non consta della musica stessa ma di cui la musica è fatta, non avendolo quale componente distinto né quale oggettiva manifestazione, però quale ìnsita modalità; dunque nelle appercezioni delle riproduzioni classiche tale ìnsita modalità, non avendo oggettità realmente corrispondente solo oggettività, resta indecifrabile senza soggettivi e particolari metodi percettivi e culturali.
— Scopo di riproduzioni musicali classiche è archeologico (... per informazioni musicali) o materico-dematerializzante (... per commenti musicali, ad esempio cinematografici).

(...)

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

... (... Specificamente a varie parzialità cui avvia recensione, riferisco seguenti notazioni:)

A suo modo la musica ottocentesca in specie quella romantica fu del tutto aliena da sperimentalismo, aliena ne fu anche la Nuova Musica inoltrata oggettivamente da C. Debussy e soggettiviamente da M. Ravel; tuttavia alcune composizioni di Brahms non annoverabili o non in tutto annoverabili nell'àmbito romantico erano avveneristicamente aperte a idee di sperimentazioni musicali; tal soglia però non fu mai varcata da Brahms ma egli ne mostrò consapevolmente senza distanze culturali; tanto che Schoenberg ne valutò, tuttavia per evitarne del tutto, poiché la dodecafonia fu anche la presentazione teorica di ciò che garantisse possibilità eufoniche evitando necessità di esperienze genericamente foniche
— invece a far da preistoria al metodo dodecafonico fu celebre quartetto "delle dissonanze" di W. A. Mozart, in verità fonicamente più estremo dell'avanguardia espressionista di fine '800 e inizio '900 ma del tutto chiuso a idee di possibili attinenti o continenti sperimentabilità perché espone un principio (anche inizio stesso) dissonante atonalmente entro forma tonale più ridotta possibile, quella detta "sonata" (terminologia italiana)...
ma dire avanguardie musicali e dire sperimentalismo non è medesimo dire!... —
Dunque nel '900 lo sperimentalismo musicale classico era fatto (strano ma vero!) proprio solo con la composizione musicale, perlopiù estemporanea o finanche direttamente in esecuzione, sulle tradizionali sette note; però in forma essenziale ottenuta per esenzione del cromatismo dodecafonico, questo di fatto non quale metodo ma quale possibilità già praticato — da Wagner, ma prima ancora da Beethoven, da Salieri... — e che metodo dodecafonico consentiva quindi di pre-inquadrare...
La musica di Brahms ne era invece armonicamente permeata ma melodicamente impermeabile...
Sicché distinzione netta con estetica di vero sperimentalismo musicale classico nella estetica musicale brahmsiana non ve ne è!

(...)

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

... (... Specificamente a varie parzialità cui avvia recensione, riferisco seguenti notazioni:)

Sono intrinsecamente aporetiche tutte le astrazioni intellettuali valutanti composizioni scritte musicali classiche con fonografia; e tali aporie filosoficamente non conducono a ricerche filosofiche sulla musica stessa ma solo sulla fonetica musicale.
Il linguaggio più universale è quello dei segni fisici, che musicalmente, nella danza, diventa essoterico-esoterico, con potenziale valenza universale ancor maggiore ma in se stesso il meno universale di tutti — di ciò ne meditò, filosoficamente pure, anche F. W. Nietzsche. Quanto più ci si avvicina all'intendimento del segnato dalla danza, tanto meno se ne trova universalità, la quale deve quindi far posto in stesso intendimento a particolarità (di intendimento);
i gesti musicali non assurgendo da se stessi a musica, la musica dunque non è mai in suo linguaggio di per sé esoterica, inoltre è compartecipe nella possibilità di musicalità del gesto di massima universalità che resta comunque non della essenza musicale;
però questa ultima ha proprio (e propria) universalità di non propriamente comunicativo ma propriamente partecipativo linguaggio...
In tal ultimo senso cioè non comunicativo la musica è da considerarsi linguaggio completamente universale.

(...)

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

... (... Specificamente a varie parzialità cui avvia recensione, riferisco seguenti notazioni:)

Analogia: | frase verbale / melodia musicale |, è da parte di determinata cultura musicale filosofica italiana irricevibile senza previa informazione di origine culturale differente, non latina né neolatina; infatti tale analogia sussiste nel dire sulla musica se tal dire non è musicalmente diretto ad oggetto stesso in stesse dizioni; quest'ultimo è proprio il caso della lingua italiana, anche perché la cultura italiana ha fornito dizionario tecnico alla musica classica...
Meditare con dire su musica determinatamente non è possibile in dire stesso, perché la musica in se stessa coinvolge in oggetto di conoscenza non comunica oggetto di conoscenza.

(...)

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

... (... Specificamente a varie parzialità cui avvia recensione, riferisco seguenti notazioni:)

Quanto dei limiti neuro-psicologici e neuropsicologici e dei confini psico-neurologici e psiconeurologici, non è di limiti e confini psicologici della esperienza musicale!,
e questa è più di una determinata comprensione musicale;
tal ultima soggetta a vincoli di differenze culturali, la esperienza psicologica musicale invece soggetta a distinzioni culturali non vincolanti!!

(...)

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

... (... Specificamente a varie parzialità cui avvia recensione, riferisco seguenti notazioni:)

'La Dodecafonia': in qualità di teorica mediazione intellettuale è parte di una certa culturalità entro cultura della classicità musicale; quale musica nella classicità è un contenuto formale, neutrale, artisticamente nullo e votato ad arte interpretativa musicale degli esecutori;
la "Dodecafonica" invece è volta musicalmente anche a sola arte combinatoria compositoria
(... esempio, mirabile, le Variazioni op. 31 per orchestra, di stesso A. Schoenberg (cioè Arnold Schönberg) )...
La esperienza musicale dodecafonica resta dunque didattica assai adatta alla pratica specifica artistica-musicale "per vuoti da colmare" (per così dire e con dire non nuovo né originale). Presupposto di tal didattica pratica è scolastico, di ricerca anche culturalmente volta di saperi e capacità musicali
— in ambiente di provenienza di Schoenberg essa unico presupposto conosciuto per musica classica (secondo civiltà culturale tipica di Europa Centrale ed Eurasia ad essa connessa);
tutt'altro in Italia Meridionale e altro in resto d'Italia ed anche in vasti altri ambienti in ultimi anni di Impero Asburgico, cui Schoenberg ebbe minimo accesso e dopo maggiore (lo si nota dal catalogo di sue opere espressioniste ((tanto che non ebbe bisogno di aderire ad internazionalismo ebraico o multinazionalismo giudaico entro cui da piccolo nato e vissuto, restando austriaco anche in America, quale americano europeo)) ).

MAURO PASTORE